Tigri feroci, leoni, leopardi e volpi popolano i dipinti visionari di Antonio Ligabue (1899-1965). Opere in mostra nell’Orangerie della Reggia di Monza, dove è allestita una retrospettiva curata da Sandro Parmiggiani, che raccoglie 90 pezzi. Pittore di talento, autodidatta, naif, incompreso e talvolta deriso, Ligabue stentò ad avere successo, arrivato finalmente nel 1961 con l’esposizione romana alla galleria La Barcaccia che lo portò all’attenzione della scena nazionale. Nato in Svizzera, venne presto affidato dalla madre ad una coppia svizzero-tedesca; espulso nel 1919 si stabilì a Gualtieri dove trovò ricovero nell’ospizio locale. Sulle rive del Po iniziò a dipingere: un’attività condotta incessantemente, alternata a periodi di lavori umili e faticosi e agli internamenti in manicomio. Nella mostra i dipinti, disegni, sculture e incisioni sono ordinati dagli anni Venti al 1962, in un percorso cronologico che presenta i temi più frequenti nelle sue produzioni. Animali selvaggi e domestici, scene di vita contadina, paesaggi svizzeri, scorci della Pianura Padana e autoritratti che tornano costantemente, elaborati con uno stile particolare, colori accesi e contrastati, contorni evidenti e una grande carica espressiva. Uno stile unico, che fonde arte e vita, e che nel linguaggio e nelle forme della pittura traduce con urgenza i drammi dell’abbandono e della follia, le sofferenze, la miseria e gli insuccessi.
dal 11/02/2022 al 01/05/2022
https://vivimilano.corriere.it/mostre/antonio-ligabue-luomo-lartista/
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